Miele by Faye Kellerman

Miele by Faye Kellerman

autore:Faye Kellerman [Kellerman, Faye]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebrei ortodossi, Suspense, Thrillers, rina lazarus, Fiction, los angeles, Kippur, Thriller, peter decker, investigatori, Gialli
ISBN: 9788873941828
Google: guNpYgEACAAJ
editore: Cooper
pubblicato: 2011-10-15T16:29:29+00:00


Diciotto

Alle sei e mezzo di pomeriggio, Decker entrò con la Plymouth nel vialetto e spense il motore. Appena aprì lo sportello sentì il battito regolare dei colpi di martello e si rimproverò per aver dimenticato di avvertire Abel. Si avviò verso il fienile, e con una grande sorpresa trovò Rina sulla soglia, con una caraffa vuota e un bicchiere in mano. Aveva una camicetta a maniche lunghe, una gonna lunga fino al ginocchio e i capelli coperti. Il sudore le imperlava la fronte, le guance e il collo. Abel era inginocchiato a tre metri da lei, intento a battere un chiodo in una nuova asse. Era a torso nudo, i pantaloni tagliati al ginocchio e una cintura per gli attrezzi intorno alla vita. Alla sua destra, una pila di assi, alla sinistra la sua sega portatile e varie scatole di chiodi.

«Va’ in casa», abbaiò a Rina.

«Peter, io..»

«Va’ in casa», ripeté Decker. Stavolta a voce più alta.

«Ma lasciami…»

«Maledizione, Rina, smettila di discutere con me ed entra in quella fottuta casa. Subito!»

Rina lo fulminò con uno sguardo pieno di lacrime, mordendosi il labbro inferiore. Con un solo movimento, si girò su se stessa e corse in casa attraverso la porta posteriore. Decker si rese conto che stava tremando, poi vide Abel che lo guardava.

«Che cazzo ci fai qui?», disse Decker. «Ti ho detto di stare alla larga, finché Rina è a Los Angeles. E non dirmi che te ne sei dimenticato, perché l’hai vista qui ieri».

Abel continuò a guardarlo. «Sei stato un po’ duro con lei, non trovi?»

«Non hai risposto alla mia cazzo di domanda!», disse Decker.

«Sto sistemando il pavimento del tuo fienile, Decker! Che diavolo ti sembra che stia facendo?»

Decker si sentì svuotato dal caldo, dalla sua ansia. Gli ci volle qualche secondo per riprendere fiato. «Vattene e basta, okay? E non tornare. Ti chiamo tra una settimana».

Abel non si mosse. «Che c’è che non va, Pete? Hai paura che possa farle qualcosa di brutto?»

Decker non rispose. Trattenne la sua rabbia, il suo senso di colpa, e maledisse l’acume di Abel. Abel lesse la condanna nei suoi occhi.

Si alzò lentamente. Pulendosi i calzoncini, disse: «Ho mangiato merda a palate, in vita mia. Ma oggi, amico, me ne hai tirata addosso abbastanza per riempire tutte le fogne degli Stati Uniti».

«Non buttarla sul patetico», scattò Decker. «So benissimo – e tu sai benissimo – che sei venuto per vedere lei».

«Sono venuto perché la falegnameria Betty ha detto che oggi avrebbero consegnato il legname, e volevo essere sicuro che mi avrebbero dato quello che ho pagato». Abel prese il suo bastone e lo roteò. «In casa non c’era nessuno, perciò mi sono messo a lavorare. Non mi sono nemmeno accorto che era tornata finché non mi ha portato una caraffa di succo di arancia».

«Stronzate!», disse Decker.

Abel si mantenne in equilibrio sulla sua protesi e sul bastone e infilò il piede in un sandalo messicano. Si guardò le mani e si rese conto che tremava almeno quanto Decker. Il suo volto, con ogni probabilità, era altrettanto paonazzo.



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